A Settant’anni dalla morte del beato Cardinale Schuster

Pubblichiamo un articolo di Mons. Ettore Malnati che celebra la figura del Beato Card. Schuster, scomparso il 30 agosto 1954. L’articolo ripercorre le tappe del suo episcopato, durato venticinque anni, e include un toccante ricordo personale di Mons. Malnati. L’Arcivescovo si distinse per le numerose visite pastorali, raggiungendo ogni angolo della vasta Diocesi, dalla fertile pianura padana alle remote valli del Luinese e della Val Cavargna. La sua costante e premurosa presenza nelle comunità parrocchiali fu una testimonianza concreta della sua dedizione pastorale.

Settant’anni fa, il 30 agosto 1954 si spegneva nel Seminario di Venegono, consumato dalle fatiche pastorali, il card. Alfredo Ildefonso Schuster, monaco-arcivescovo di Milano.

Venne designato e nominato dal milanese Pio XI il 26 giugno 1929. Fece il suo ingresso l’8 settembre 1929. Succedette al card. Eugenio Tosi, uomo di grande affabilità ed immediatezza che sapeva stare con tutti e che era chiamato dal popolo “il Cardinale della bontà”.

Schuster, che già conosceva i problemi delle diocesi lombarde, perché era stato visitatore a Milano, Como, Cremona e Mantova, lasciò il monastero di S. Paolo fuori le mura e si impegnò con stile monastico e apostolico insieme ad essere pastore e maestro del popolo ambrosiano.

Il suo primo messaggio all’arcidiocesi del 21 luglio 1929 – che sarà poi il suo programma – ricco di citazioni bibliche e patristiche, faceva trasparire il suo rispetto per la tradizione ambrosiana ed il suo clero, ma nello stesso tempo indicava il suo intendimento ad essere Maestro per tutti, mai scindendo l’apostolato dalla lex orandi.

Il 6 gennaio 1930 indisse la prima visita pastorale. Egli, nei suoi 25 anni di episcopato, fece 5 visite pastorali a tutte le oltre 1000 parrocchie del vasto territorio della Diocesi, cha va dalla pianura padana sino alle valli del Luinese e della Val Cavargna.Visite pastorali dove l’Arcivescovo alle 5 del mattino era già nella parrocchia per la prima messa per incontrare e pregare con chi andava poi al lavoro. Ritornava a Milano per l’orario di Curia e poi ritornava ancora nella parrocchia a visitare i malati e ad incontrare i ragazzi, chiudendo con il popolo la preghiera serale.

Ancora oggi, anche nel sottoscritto, è impresso nell’animo il ricordo del passaggio del Beato card. Schuster, per la sua pietà, per la sua amabilità e tenerezza verso gli ultimi e per la sua vita ascetica.

La gente vedeva in lui un nuovo S.Carlo Borromeo.

Durante le visite pastorali nel periodo bellico e nella lotta partigiana egli seppe incontrare, quale pastore, tutti, indicando il rispetto dei più deboli ed esortando all’umanità verso le donne ed i bambini.

Nel ’38, al manifesto razzista del 15 luglio di alcuni docenti universitari, il card. Schuster in Duomo, nell’omelia per l’apertura dell’Avvento il 13 novembre, apertamente condannò il razzismo, affermando che “la dottrina cattolica sul peccato originale si oppone al mito nordico del secolo XX, perché invece di vari sangui che diano origine a varie razze umane, riconosce nelle nostre vene un comun sangue che ci affratella e ci riunisce in Adamo e nel suo peccato: In quo omnes peccaverunt ”.

Schuster, amante della liturgia, profondo conoscitore del suo sviluppo (basta leggere le sue opere, ad esempio il Liber Sacramentarum), auspicava – ancor prima del Concilio -che si potesse avere la lingua parlata nei divini misteri.

Fu un convinto assertore delle necessità dell’unità tra i cristiani. Già nei primi anni del suo episcopato milanese introdusse l’Ottavario per l’unità dei cristiani, approvato da Benedetto XV nel 1916.

Nei momenti difficili del bombardamento del 1942, che seminò morte e terrore, l’Arcivescovo fu presente tra la gente provata ed inviò una lettera pastorale all’intera diocesi per infondere speranza e dare conforto. Si premurò poi di far edificare case per gli sfollati, quale gesto di amore per il suo popolo.

Fu uomo della collegialità nel governo pastorale, ne sono testimoni i suoi “sinodi minori”, dai quali uscivano le linee disciplinari e pastorali per il clero e per tutta la diocesi.

Il settantesimo della sua morte non può passare invano nel pontificato di Papa Francesco. Schuster fu un Vescovo povero con il cuore rivolto a Dio, per una Chiesa concretamente “in uscita”, ed attento ad essere con tutti, re, primi ministri, occupatori, partigiani, uomo di Dio e “povero cristiano” in mezzo agli ultimi. Splendette come un giusto.

Schuster monaco-vescovo, nell’intera Chiesa cattolica è fulgido esempio di chi veramente tutto ha lasciato per essere tutto di Dio e del suo popolo.

Da lui, chi scrive, nel giugno 1953 ricevette la prima Comunione e la Cresima e ne porta un indelebile ricordo.

didascalia: card. Ildefonso Schuster – www.chiesadimilano.it

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